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Fatehpur Sikri, la città della vittoria


Viaggio nel Nord dell'India.

Quando arrivai a Fatehpur Sikri, la “città fantasma”, 30 km. da Agra, ad est dell’India del nord, non mi fu difficile immaginare questa splendida cittadina nei suoi tempi migliori, prima che il grande imperatore moghul Akbar (1556-1605 d.C.) decidesse di abbandonarla per carenza di acqua, trasferendo la capitale, dopo tredici anni, nel 1585 d.C., da qui a Lahore, oggi in Pakistan, dove egli meglio poteva controllare le inquiete aree circostanti. Eppure, fu proprio Akbar a volere Fatehpur Sikri, dopo le vittorie militari di Chittor e Ranthambore, cominciando a costruire tra il 1571 e il 1573 d.C. gli edifici residenziali, amministrativi, religiosi in stile indo-islamico e in arenaria rossa che ancora oggi, grazie a restauri e provvedimenti ambientali, si ammirano intatti e che costituirono la pianta rettangolare dell’antica città il cui primo nome, Fatehabad, dal persiano, significa appunto “città della vittoria”. Akbar designò Fatehpur Sikri capitale del suo impero, prima ad Agra, perché, in una grotta nelle vicinanze, dimorava il Santo Sufi Sheikh Salim Chishti; Akbar era grato a quel santo la cui benedizione gli aveva donato un nuovo erede maschio, Salim, dopo che tutti gli altri suoi figli erano morti in età prematura. Ancora è visibile, nel cortile della moschea,il mausoleo in marmo bianco di Salim Chrishti del 1570, dove si recano le donne musulmane per chiedere al santo la fertilità, lasciando piccoli nastri in segno di voto.


L’atmosfera che si respira a Fatehpur Sikri, realizzata in 15 anni, è quella di un potente regno come fu quello di Akbar “il grande”, discendente diretto di Gengis Khan, nipote di Babur, il primo imperatore della dinastia moghul in India. Suo padre, Humayun, lo aveva lasciato erede di deboli feudi, eppure, a soli quattordici anni, questo grande sovrano aveva già compiuto prodigi militari. Ma Akbar è passato alla storia per la sua tolleranza verso le genti di religione non islamica, che lo condusse, tra l’altro, ad abolire la tassa che gravava sui non islamici, ad autorizzare la celebrazione delle feste indu e ad elevare allo stato di principesse, sposandole, donne di fede diversa. E’ ancora visibile a Fateh Puri Sikri il Jodha Bhai Mahal dove risiedeva la moglie induista di Akbar insieme alle dame di corte e la Rumi Sultana dove viveva la regina turca. Nel palazzo Mariam-uz-Zamani, che mostra l'influenza Gujarati ed è costruito intorno a un cortile, viveva la moglie cristiana di Akbar. Le donne dell’harem si riunivano nel Panch Mahal, padiglione di cinque piani i cui pavimenti sono sostenuti da circa 170 colonne una differente dall’altra.


Uomo leale e intelligente, l’imperatore amava l’arte, tutta quella che oggi traspare dalla città, un tempo tra le mura, di Fatehpur Sikri che egli realizzò in stile moghul, prodotto dell’unione di elementi persiani, islamici, indu e jain, dove ospitava gli artisti del tempo. Sono leggendarie le Navaratnas o “nove gemme” del suo regno, un gruppo di persone ritenute dal sovrano particolarmente straordinarie tra cui Birbal, di fede induista, poeta e primo ministro di Akbar, la cui figlia viveva in un palazzo tutto per sé che ne ha preso il nome (Birbal Mahal). Tra le “gemme” anche il famoso musicista Tansen che ha contribuito allo sviluppo della musica indiana e che teneva i suoi concerti nell’Anup Talab, suonando sulla piattaforma centrale posta al centro di una piscina ornamentale. Intorno all’Anup Talab si trovano gli edifici strettamente reali tra cui il Khwabgah (“casa dei sogni”) residenza di Akbar, la casa dell’astrologo di corte, e il Panch Mahal; qui, anche il Diwan-i-Khas, con il suo splendido pilastro centrale scolpito con disegni geometrici e floreali in cima al quale si trovava il trono dell’imperatore dove egli teneva le sue udienze private, dedicate anche alle discussioni con i rappresentanti delle altre religioni. Le udienze pubbliche erano invece tenute nel Diwan-i-Am, il primo splendido monumento che si incontra dopo l’ingresso principale.


A Fatehpur Sikri non mancava nulla: cavalli ed elefanti erano custoditi nelle stalle del Caravanserraglio, e per passare il tempo giocando a Pachisi ci si serviva di una grande scacchiera ancora visibile sul pavimento della piazza grande; il centro di culto era la Jama Masjid, la moschea che, sul modello della Mecca, Akbar fece costruire nel 1572, ancora integra con la sua vasca per le abluzioni e il porticato. L’ingresso più bello per entrare alla moschea è a sud, attraverso la Bulan Darwaza, che, con i suoi 54 metri di altezza è la porta più grande al mondo e fu voluta da Akbar nel 1575, cinque anni dopo il completamento della moschea, per celebrare la vittoria in Gujarat.

Dopo l’abbandono di Fatehpur Sikri molti edifici vennero distrutti per vendere l’arenaria rossa con cui erano costruiti. Un primo intervento di conservazione e restauro cominciò nel 1881 da parte degli inglesi che in passato ne avevano fatto il loro quartier generale.


Fatehpur Sikri, che merita senz’altro una visita, vi sarà riconoscente mostrandovi tutta la sua eterna bellezza.


Testo by PassoinIndia Tours


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