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Il sistema delle caste Indiane


La prima cosa che incurosisce chi visita l’India per la prima volta è il sistema delle caste. Per capire la loro origine bisogna risalire agli antichi Veda (forse anche più in là), i testi sacri in sanscrito, trascrizioni di tradizioni orali, con origini collocabili tra il 1500 e il 1000 a.c. per opera degli Arii ed alla base, da sempre, della religione e della società indiana. Gli Arii, popolazione nomade di pelle chiara, cultura superiore e di ceppo indoeuropeo proveniente dall Persia, si avvicendarono, in India del Nord, ai primitivi indiani, lungo tutto il medio corso del Gange. Di carattere aggressivo, gli Arii sottomisero le altre razza che ivi trovarono: i Negrito dalla pelle nera, i Mongoloidi simili ai cinesi, gli Austroloidi simili agli aborigeni australiani e i Dravidiani, i più numerosi e simili ai mediterranei; fu con questi ultimi due che gli Arii vollero avere i maggiori contatti mentre gli altri furono spesso costretti a fuggire altrove per non subire la loro predominanza. Gli Arii intesero operare in India un processo di civilizzazione. La popolazione venne suddivisa in varna (colori) a seconda del tipo di lavoro svolto. Nacquero così le quattro caste primarie idenificate da un preciso colore: la casta dei brahmini (Brahamana), la più pura e potente ed associata ai sacerdoti (bianco); la casta dei guerrieri (Kshatriya) di origine nobile e reale, con funzioni di governo, che difendevano il regno (rosso); la casta degli artigaini e commerciati (Vaishya) con le relative sottocaste (jatti) riferibili alle varie specializzazioni (giallo); la casta contadini ed operai (Shudra), che svolgono mansioni manuali e legate alla terra (nero), privati spesso del loro diritto di culto, e destinati a servire gli Arya (signori) ovvero gli appartenenti agli altri tre Varna, considerati i gruppi più nobili. Vi erano inoltre coloro che, svolgendo lavori impuri (a contatto con la morte o sostanze considerate impure come ad esempio la rimozione delle carcasse di animali o la lavorazione delle pelli) erano ritenuti intoccabili (dalit, paria, chandala) e, poichè non degni di essere classificati in una casta, erano chiamati Harijans (figli di Dio, come li chiamo Gandhi) cioè fuori casta (avarna). Da sempre quindi la società indiana è suddivisa in caste ognuna delle quali ha proprie norme e valori (il principio del dharma) e conseguenti sanzioni sociali, compresa la esclusione dalla comunità (diventando quindi fuoricasta). La casta si acquista per nascita ma la nascita in quella casta è determinata dal Karma cioè dal comportamento tenuto dall’individuo nelle vite precedenti che ne determina, al momento della reincarnazione (samsara), il nuovo collocamento sociale ivi compresa la sua rinascita nel corpo di un animale. Da vivi, invece, non è prevista la mobilità intercastale.


Nel tempo il sistema delle caste si è ampiamente stratificato in sottocaste (gotra). La Costituzione indiana del 1950, una delle più lughe al mondo, garantisce uguali diritti per tutti e l’intoccabilità è vietata sin dal 1955. Eppure, nell’India di oggi, ogni attività e relazione sociale è ancora condotta su questo sistema. I matrimoni indiani, combinati, si basano sul principio dell’endogamia, la possibilità di sposarsi solo tra membri appartenenti alla stessa casta. Sussiste inoltre, soprattutto nei villaggi e nelle zone remote dell’India, il divieto di contaminazione da parte di caste più basse che potrebbe essere prodotta dal contatto fisico, dalla spartizione del cibo, e così via.


Secondo i testi induisti, dalla bocca di Brahma, il creatore dell’Universo, furono creati i Brahmini, dalle sue braccia i Kshatrias, dalle sue cosce furono creati i Vaishias e dai suoi piedi i Sudras.

Testo by PassoinIndia


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